L’eterna lotta tra disintermediazione e prenotazioni dalle OTA è ben lungi dal terminare. Ma, grazie ai dati di Hotrec, possiamo farci un’idea della situazione attuale (o meglio, quella del 2023) e capire cosa aspettarci.
Perciò, bando alle ciance e spazio ai dati!
La vendita online è sempre più un fattore: ben il 45,1% delle prenotazioni vengono effettuate via Internet.
E anche se le prenotazioni dirette continuano ad essere il motore portante (50,9%, complice anche il sempre maggior utilizzo di Booking Engine), non si può ignorare la diffusione delle OTA, arrivate a generare intorno al 29% delle prenotazioni
Il dato diventa ancora più forte se parliamo di piccole strutture (ossia con meno di 20 camere): nel 27% dei casi, per queste strutture le OTA generano dal 30 al 49% delle prenotazioni, mentre per un altro 27% si arriva ad oltre il 50%. Questi numeri ci dicono una cosa importante: non avendo i mezzi per azioni di marketing più spinte, le piccole realtà dipendono fortemente dalle OTA, cedendo buona parte dei guadagni in cambio di visibilità.
Come abbiamo detto, le OTA sono in crescita. Ma questo non è un trend nuovo: fatta eccezione per il primo anno di pandemia, Booking.com e affini hanno conosciuto una crescita costante, ai danni delle prenotazioni dirette.
A prima vista sembrerebbe uno scenario preoccupante, ma, guardando nel dettaglio dei paesi, vediamo che in Italia la crescita delle prenotazioni da OTA è stata di un solo punto percentuale, contro i 4,3 delle prenotazioni dirette.
Ma anche in questo caso non bisogna trarre conclusioni affrettate: le prenotazioni dirette crescono, ma lo stesso succede per quelle tramite OTA; quindi bisogna prendere contromisure già ora, prima che il rapporto tra i due diventi sfavorevole.
Prima abbiamo visto come le piccole strutture facciano affidamento ai portali per ottenere visibilità e generare prenotazioni.
Ma quanto dipendono in generale gli hotel dalle OTA?
Come possiamo vedere dal grafico, quasi un quarto delle strutture ha una bassa dipendenza dalle OTA (sotto il 10%), ma c’è comunque un buon numero di hotel che fa affidamento ad esse per ottenere oltre il 50% delle proprie prenotazioni, mentre un altro 17% è dipendente dal 30 al 39%.
Per molte strutture, quindi, almeno un terzo o la metà degli introiti viene ridotto a causa della necessità di generare prenotazioni tramite le OTA.
Ovviamente, questa dipendenza dalle OTA e la relativa perdita di guadagni non viene vista di buon occhio dagli albergatori, i quali hanno criticato diversi aspetti di questo sistema, quali:
Non a caso, parecchi albergatori dichiarano di rifiutarsi di collaborare con le OTA e invocano un maggiore controllo sui loro sistemi monopolistici.
Tolto il periodo di pandemia, le OTA hanno conosciuto una crescita costante, a scapito dei canali di prenotazione diretta.
Sempre più hotel, specialmente quelli di piccole dimensioni, dipendono da questi portali per la generazione di prenotazioni in una misura importante, che va oltre il 30% e, spesso, anche il 50%.
Il costo di questa dipendenza però c’è: perdita di guadagni, bassa qualità delle prenotazioni, difficoltà nella gestione di tariffe e ospiti, poca trasparenza e rischio che le OTA monopolizzino il mercato.
In Italia la situazione è leggermente più rosea, con le prenotazioni dirette che sono cresciute più di quelle da OTA. Tuttavia, il rischio di dover dipendere da esse per generare occupazione è sempre dietro l’angolo.
Per questo, è bene munirsi di tutti gli strumenti necessari alla disintermediazione, dal Booking Engine alle campagne su metasearch (sapevi che abbiamo un servizio apposta? Lo trovi qui) e sui social.