City-tax e Istat: comuni e province riescono a complicare la vita agli albergatori e ai produttori di software gestionali

Della city-tax si è già parlato molto. Ma forse non tutti sanno che alcuni comuni, all’accanimento tassaiolo, hanno aggiunto una sorta di perversione enigmistica, elaborando regole degne dei più ostici rebus della famosa “Settimana”.

E anche per quanto riguarda i dati Istat richiesti dalle province c’è poco da scherzare! 

Che la vita fosse complicata già ce ne eravamo accorti. Che il periodo poi fosse particolarmente magro per gli albergatori c’era da aspettarselo. Del resto, l’introduzione della city-tax (tassa di soggiorno), l’ennesimo balzello necessario per rimpinguare le casse dei comuni, ben racconta come stiano andando le cose. Chi prima e chi dopo, gran parte degli oltre 8.000 comuni italiani sul cui territorio transita un minimo flusso turistico ha approfittato di questa occasione.

Dal canto loro, gli albergatori si sono piegati, non senza lamentarsi, a questa ulteriore vessazione. In che modo? Ecco le strategie adottate:

  • qualcuno ha assorbito la tassa nel proprio listino, rendendola trasparente al cliente e, di fatto, pagandola di tasca propria;
  • altri hanno deciso di esporla semplicemente in fattura, aggiungendo note e contronote per spiegare ai clienti di cosa si tratta;
  • altri ancora hanno scelto la strada di chiederne a parte il pagamento in contanti, per non rimetterci le commissioni della carta di credito.

E fin qui nulla di strano, purtroppo.

Ma esiste un aspetto poco noto ai più ma molto chiaro ai produttori di software gestionali – come The Hospitality Partner, sviluppatore di 5stelle* -, che devono calcolare ed esporre in fattura la famigerata tassa: l’algoritmo di calcolo della city-tax non è lo stesso per tutti i comuni.

Anzi, molti comuni hanno introdotto regole degne dei più ostici rebus pubblicati nella “Settimana Enigmistica”: stelle, letti, posizione rispetto al centro città, età degli ospiti, eventuali handicap, durata del soggiorno, periodo dell’anno sono alcune delle variabili che i malcapitati albergatori, e di conseguenza i malcapitati produttori di software, devono incrociare.

I nomi di questi comuni non li facciamo; alcuni, peraltro, sono molto noti, perché coincidono con mete turistiche assai ambite.

Quello che preme sottolineare è l’assoluta e ormai cronica incapacità delle amministrazioni pubbliche di coordinarsi, anche quando coordinamento significa risparmio per le aziende.

Questa incapacità emerge anche in un altro caso tutto italiano: stavolta, ha a che fare con le amministrazioni provinciali. Avete presente i dati Istat sui flussi turistici che il vostro hotel deve comunicare alla provincia? Forse non ne siete al corrente, ma anche in questo caso ogni amministrazione richiede tracciati differenti, in barba all’evidenza che i dati richiesti sono pressoché gli stessi.

Anche in questo caso sono poi i produttori di software a dover togliere le castagne dal fuoco alle stesse amministrazioni, adeguando le estrazioni dei dati all’estro di qualche funzionario pubblico.

Non c’è quindi da meravigliarsi che molti gestionali prevedano costi aggiuntivi, che agli occhi degli albergatori appaiono immotivati. Non è questo il caso di 5stelle*!

Alla faccia della semplificazione e del riuso all’interno della pubblica amministrazione!

(Perdonate lo sfogo di un produttore di software).