IL WEB3 NEL TRAVEL PT1: COS’È IL WEB3

Cos’è il Web3? Perché è così importante per il futuro del settore turistico? Ne parliamo insieme ad un vero esperto, Luca De Giglio.

NFT, Tokens, criptovalute, Blockchain. Termini che sentiamo sempre più spesso e che spesso non comprendiamo… purtroppo!

Già, perché tutte queste cose e il Web3 sono ciò che cambierà il volto del Travel.

Si, abbiamo detto Web3, probabilmente un’altra parola nuova. Ma calma, abbiamo chiamato un esperto per spiegarti tutto quanto: oggi sul nostro blog abbiamo come ospite Luca De Giglio!

Chi è Luca De Giglio e perché ci parla di Web3 e turismo?

Luca è sempre stato molto avanti nel settore degli affitti vacanze ed è anche uno dei leader di pensiero più esperti, essendo nel settore dal 2001.

Ha creato un’azienda di lifestyle “Airbnb prima di Airbnb” 7 anni prima di Airbnb e questo ha finanziato i suoi viaggi in tutto il mondo per 10 anni.

Era un nomade digitale e aveva un blog di viaggi prima ancora che questi termini fossero inventati.

Luca parla 7 lingue.

Nel 2013 si è interessato a Bitcoin e nel 2017 ha finalmente visto la luce con la promessa di Ethereum di creare organizzazioni autonome decentrate (DAO)

Da lì si è reso conto che questo è l’Internet del futuro ed ha colto l’occasione al volo, puntando a cavalcare l’onda del nuovo Web, dove i modelli di business delle OTA risulteranno obsoleti nel giro di qualche anno.

È fondatore di Trips Community, con cui vuole creare una serie di protocolli aperti per Internet, per consentire di effettuare prenotazioni dirette e indipendenti dalle OTA. Nel 2021 Trips Community ha lanciato la prima prenotazione NFT e la prima prenotazione di hotel NFT al mondo.

Luca è Direttore della Origin Protocol Foundation, startup della Silicon Valley in prima linea tra NFT e Web3.

Nel 2022 ha pubblicato un libro su “Il futuro delle prenotazioni in Web3”, in italiano.

Luca è l’ospite del podcast “Web3 in Travel“, il primo ad affrontare l’aggiornamento Web3 di viaggio.

Infine, nel 2022, Luca e Trips Community stanno organizzando la prima conferenza “Web3 in Travel” a Porto, Portogallo.

Ora che abbiamo fatto le presentazioni, lasciamogli la parola per il primo di 2 interventi sul mondo del Web3.

 

Un po’ di storia per capire il Web3

In questi ultimi due anni si è fatto un gran parlare di criptovalute, NFT e Web3 ma come spesso accade nei periodi di euforia ci si dimentica di capire ed approfondire i fondamentali, distratti da promesse di “rivoluzioni” tecnologiche non ben definite.
Quando, dopo la sbornia, tutto si sgonfia, e ci rendiamo conto che non è rimasto nulla, né delle valutazioni astronomiche, né delle promesse fatte è facile congedare il tutto come un ammasso di assurdità.

Ma è proprio nella fase dello sconforto che si nascondono le opportunità più interessanti e si sviluppano le tecnologie più impattanti: i turisti delle cripto se ne sono andati e restano solo le persone convinte e preparate.

Ha senso quindi chiedere al lettore un ultimo sforzo per capire di cosa stiamo parlando, prima di consegnarci al lungo inverno delle cripto.

Proviamoci.

Alla base di tutto c’è la “decentralizzazione”, un termine che però ai più non dice assolutamente nulla.

Questo della nomenclatura è un problema ricorrente nelle cripto (e probabilmente in tutte le tecnologie nascenti): i termini scelti per designare le varie innovazioni sembrano fatti apposta per alienare le stesse persone che cerchiamo di coinvolgere.

Basti pensare agli NFT: i Non Fungible Tokens.
“Non Fungibile” indica cosa non sono, non cosa sono.

La conversazione che ne scaturisce è spesso simile a questa:

  • “Cosa sono gli NFT?”
  • “Sono token non fungibili”
  • “Non so cos’è un token”
  • “Ecco, quelli, ma non fungibili”

Lo stesso vale per il concetto di “decentralizzazione” che è un negativo: la non-centralizzazione.

In questo articolo provo a porre rimedio.
Cercherò di affrontare l’argomento in modo meno tecnico e comprensibile, ma mi si voglia perdonare se non ci riuscirò:
Sono argomenti difficili da spiegare, come è impossibile spiegare cos’è internet a chi non ha mai visto un computer o Facebook a chi non l’ha mai usato.

Sono tecnologie e applicazioni che si capiscono veramente solo se si utilizzano.

Farò uso di metafore e storie che trovo particolarmente efficaci nel far capire questi concetti.

Partiamo da ciò che conosciamo: il Web.

 

Il Web1

Il Web è un insieme di tecnologie in continua e lenta evoluzione che ne cambiano la natura stessa senza che spesso non ce ne accorgiamo quando accade, ma solo a posteriori.

Pensiamo al Web dei primi anni, quello che oggi chiamiamo Web1: tanti piccoli siti web, pubblicati da privati, con migliaia di piccoli server, pochi soldi e nel quale la maggioranza delle persone si limitava a leggere, mentre pochi scrivevano perché per farlo era necessario conoscere tecnologie come l’HTML, l’FTP e così via.

 

Il Web2

Il Web di oggi, il Web2, è completamente diverso: dominato da piattaforme più ricche e potenti di molte nazioni, con server farm enormi, un’enormità di capitali nel quale la maggioranza delle persone scrive (con buona pace di Umberto Eco).

La differenza tra questi due “Web” è enorme, tanto che si potrebbero tranquillamente considerare cose completamente diverse.

Hanno però una cosa in comune: la decentralizzazione.

Internet è decentralizzato nel senso che non esiste un bottone rosso per spegnerlo.

Il Web2 è molto più centralizzato del Web1, ma resta sufficientemente decentralizzato per continuare a essere chiamato internet (altrimenti si chiamerebbe intranet).

Le differenze sono anche nell’impatto sulla vita reale: quasi un gioco il Web1, imprescindibile il Web2.

Ora, la domanda è: finisce qui lo sviluppo del Web? Siamo alla “Fine Della Storia”?

Tra 30,50,100 anni, avremmo ancora un Web come quello odierno?

È possibile, ma improbabile.
Ha più senso presupporre che continui ad evolversi.

Segue quindi la domanda importante è: qual è il prossimo stravolgimento?

La risposta è: il Web3.

Cosa che ovviamente non ci dice nulla sulla sua natura, se non che ci aspetta qualcosa di completamente nuovo.

Ma cosa ci aspetta?

Prima di rispondere torniamo per un attimo ai fondamentali:

Web1: solo lettura

Web2: lettura e scrittura

Web3: ?

Mettiamola così:
– Il web prima sapeva solo farci leggere.
– Poi ha imparato a farci scrivere.
– Cosa sta imparando ora?

 

Il Web3

Internet si sta dotando di un sistema che registra le proprietà.

Che proprietà? E perché ce n’è bisogno?

Iniziamo con una domanda: cosa ci appartiene oggi nel Web?

Gli account Gmail? Instagram? Facebook? Airbnb?
Ci appartengono?
No.
La prova sta nel fatto che potrebbero essere chiusi in qualsiasi momento, senza alcuna necessità per queste piattaforme di passare per un giudice.

È il famigerato Deplatforming.

Allora abbiamo la proprietà degli annunci in Booking?
Le recensioni?

No.
La prova sta nel fatto che se vogliamo trasferire gli annunci in Expedia, non li possiamo “prendere” da Booking, che se li tiene stretti.
Se Booking chiude, ci toglie l’accesso o semplicemente non lo vogliamo più utilizzare, le migliaia di recensioni accumulate spariscono per sempre.

 

Ma non erano recensioni scritte da ospiti per noi?
Perché Booking ne ha la proprietà totale?

(anticipo la risposta: perché il Web2 non ha protocolli di gestione della proprietà).

 

Cosa ci appartiene nel Web2 allora?
Poco.

Mi vengono in mente un paio di cose: Il dominio internet e i nostri database.

I domini perché esistono enti certificatori che ne gestiscono la proprietà (ICANN e compagnia)
I database perché li abbiamo solo noi.

 

La proprietà

La promessa del Web3: la proprietà diventa un protocollo gestito da internet e ne possiamo prendere possesso diretto e totale.

Per capire, analizziamo come funzionano gli account.

Nel Web2 se voglio interagire con Booking, devo creare un nuovo account con login e password.
Lo sto facendo nei loro database.

Non posso usare l’account di Expedia, giusto?

(Certo, posso usare Google o Facebook che però a loro volta sono di loro proprietà).

La coppia login/password è “fisicamente” salvata in un database di loro proprietà.

A quell’account poi associamo gli annunci, le prenotazioni e le recensioni.

 

Tutti gli asset che derivano da quella base saranno in mano loro.

Nel Web3 si ribaltano le posizioni:

L’account non è una “login/password” ma la coppia è “chiave pubblica e chiave privata”.
È molto simile: una parte è pubblica (la chiave pubblica al posto dell’email) e una parte è privata (la chiave privata al posto della password), ma la differenza sostanziale non potrebbe essere più grande.

La chiave pubblica e privata non sono infatti nel database di Booking, ma nel nostro computer, e più precisamente nel nostro wallet.

 

Questa è la vera rivoluzione delle cripto.

Quando “facciamo login” in un sito Web3, non creiamo un nuovo account.
Non serve.
L’account ce l’abbiamo già, ed è la coppia chiave privata-pubblica.

 

Per fare login in un sito mai visto prima, clicchiamo un bottone chiamato “Connetti wallet” e firmiamo una transazione (con un solo altro click).
Da quel momento siamo collegati al sito, con un account univoco che ci distingue, e possiamo operare come se avessimo creato un account nuovo.

Anzi no, perché l’account ha una sua storia  che può essere utile (per esempio per la nostra reputazione/recensioni).

In pratica invece di dire:

  • voglio usare il tuo sito, mi presti un account col quale farlo fino a quando lo vorrai tu?

Si dice:

  • voglio usare il tuo sito, ecco il mio account, ti dò il permesso di usarlo fino a quando lo dirò io”.

 

E invece di dire:

  • Farò il bravo e seguirò le tue regole, anche se cambiano, anche se sono contro i miei interessi, anche se non sono chiare, anche se a causa di una pandemia cancelli tutte le prenotazioni e restituisci tutti i soldi agli ospiti. E se alla fine decidi di punirmi, accetto il fatto di non avere un ricorso”.

Si dice:

  • Le regole sono chiare, predefinite e immutabili. Le posso leggere nei tuo smart contract. Mi vanno bene e so che non è semplicemente possibile non rispettarle in quanto altrimenti il sistema non fa quello che voglio”.

(Come per esempio oggi non posso mandare una email da un indirizzo che non mi appartiene).

 

La dinamica del potere in questo contesto cambia completamente.

A quel punto nel Web3, se creo un annuncio, è legato al mio account, non alla piattaforma.
Per cui quell’annuncio lo potrò utilizzare anche in una seconda piattaforma, senza doverlo ricreare zero.
Per poi arriva una prenotazione, è legata al mio annuncio, che è legato al mio account.

Se poi arriva una recensione, è legata al mio annuncio, che è legato al mio account.

Account > Annuncio > Prenotazione > Recensione sono, in un certo senso, tutti nel mio wallet.

 

Se la prima piattaforma Web3 chiude i battenti, non perdo niente:

L’account, l’annuncio, le prenotazioni e la recensioni restano legate al mio wallet, non al loro database.

 

In pratica invece di dire:

  • Accetto il fatto che tutto ciò che io o miei ospiti creiamo nella tua piattaforma è sarà tuo

Si dice:

  • Accetta il fatto che tutto ciò che io o miei ospiti creiamo nella tua piattaforma è nostro”.

 

Tutto chiaro?

Ora resta solo da capire come questo nuovo approccio permetterà agli albergatori di disintermediare e ribaltare il vantaggio delle OTA. Lo puoi scoprire nella seconda parte dell’articolo, che trovi cliccando qui.

Categorie: Turismo 2.0
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