B&B vs OTA: cosa sta succedendo nel Regno Unito

Un grido di protesta arriva da oltremanica. La UK Bed & Breakfast Association chiede lo stop del brandjacking, vale a dire l’abitudine delle OTA di comparire nei risultati a pagamento dei motori di ricerca con il nome della struttura ricettiva cercata.

Questa pratica permette alle OTA di colonizzare la parte alta delle pagine dei motori di ricerca, anche per le ricerche dei nomi di hotel e bed and breakfast, senza il permesso esplicito dei proprietari delle strutture ricettive – denuncia il presidente della B&B Association, David Weston.

Si tratta di una possibilità inclusa in tutti i termini e condizioni dei contratti sottoscritti con i portali, quindi non è negoziabile.

Leggi anche: Il tuo hotel paga di più su AdWords? Colpa delle OTA!

Cosa chiedono i b&b britannici

Per ottenere la messa al bando del brandjacking, l’associazione britannica ha esortato la Competition and Markets Authority (CMA) ad agire. Questa iniziativa nasce in seguito al lancio di una petizione, nel sito del Parlamento del Regno Unito, da parte di uno dei membri della UK Bed & Breakfast Association – il governo britannico risponderà alla petizione se le firme raccolte saranno almeno 10 mila.

I grandi portali offrono indubbi vantaggi agli hotel e ai bed and breakfast, a iniziare dalla vendita di camere all’estero, specie per tutte le strutture che, in caso contrario, avrebbero scarsa visibilità nei mercati internazionali.

Tuttavia, sempre più albergatori lamentano i costi delle commissioni e la conseguente riduzione dei margini di profitto. Altri problemi noti nel rapporto fra strutture ricettive e OTA? L’alto tasso di cancellazione delle prenotazioni e la scarsa, o nulla, propensione dei portali a condividere i dati degli ospiti.

Leggi anche: Il tuo hotel (e non le OTA) possiede i numeri che fanno la differenza.

Dal punto di vista dei proprietari delle strutture ricettive, questa perdita di controllo, e di profittabilità, non è il risultato di una competizione libera e corretta. È quel che denuncia la UK Bed & Breakfast Association nel suo blog:

Siamo d’accordo sul fatto che un hotel o un B&B deve poter dire a un’OTA che “sì, siamo felici di collaborare con te e sì, siamo felici di darti le nostre disponibilità di camere e di pagarti una commissione per ogni prenotazione ricevuta, MA non vogliamo che ci insidi il nostro marketing diretto con campagne a pagamento sui motori di ricerca che usano il nostro nome”.

Per questo motivo, l’associazione dei b&b britannici chiede che la pratica del brandjacking NON sia più “un elemento non negoziabile presente nei termini e condizioni inclusi nei contratti sottoscritti con le OTA” e che sia, al contrario, “oggetto di un accordo espresso in modo separato”.

Non resta che attendere l’esito della petizione online. Al momento, non risultano iniziative simili da parte di altre associazioni di categoria, perlomeno in Italia.

“Pratiche ingannevoli”

Nel Regno Unito, le iniziative per regolamentare il rapporto fra hotel, OTA e consumatori si susseguono. Per esempio, poco più di un mese fa, la “solita” CMA ha imposto un cambio di rotta ad alcuni dei maggiori portali di prenotazione e di confronto prezzi – sono Expedia, Booking.com, Agoda, Hotels.com, ebookers e trivago.

Tutti i nomi finiti sotto la lente d’ingrandimento della CMA hanno collaborato all’indagine e si sono impegnati in modo formale a recepire le modifiche richieste dall’autorità. I punti in questione sono 4:

Risultati di ricerca

Le aziende devono rendere più chiaro il modo in cui gli hotel sono classificati nei loro siti, dopo che un utente ha inserito le proprie preferenze di ricerca, per esempio dichiarando in modo pubblico quando i risultati della ricerca sono influenzati dall’importo della commissione riconosciuta dagli hotel ai siti stessi.

Pressione per vendere

I siti di prenotazione non devono dare un’impressione falsa della disponibilità di camere o della popolarità di un hotel, né costringere i consumatori a decidere di prenotare se le informazioni disponibili sono incomplete.

Per esempio, quando un sito evidenzia il fatto che altre persone stanno guardando, in quel momento, lo stesso hotel, occorre esplicitare che queste persone potrebbero essere alla ricerca di date diverse.

La CMA ha anche rilevato che alcuni siti collocano gli hotel con disponibilità terminate in modo strategico, vale a dire nei risultati di ricerca, in modo da esercitare pressione sulle persone affinché prenotino subito.

Promozione di sconti

LA CMA sottolinea la necessità di maggior chiarezza a proposito degli sconti e chiede che siano promosse solo le offerte effettivamente disponibili.

Il confronto degli sconti con tariffe non rilevanti rispetto alla ricerca degli utenti è una pratica fuorviante – per esempio, confrontare le tariffe del weekend con quelle dei giorni feriali o le tariffe di una suite con quelli di una camera standard.

Costi nascosti

L’autorità britannica chiede ai siti in questione di mostrare tutti i costi obbligatori nel prezzo evidenziato – inclusi tasse, costi di prenotazione e quant’altro.

I siti potranno sempre elencare questi costi in modo separato, ma l’importo totale richiesto al cliente deve essere sempre mostrato in anticipo.

Benché i siti citati dalla CMA non siano tutti responsabili, nella stessa misura, delle pratiche appena elencate, tutti hanno accettato di adeguarsi alle indicazioni dell’autorità britannica.

Dal canto suo, la CMA ha dato tempo alle sei compagnie fino al 1° settembre di quest’anno per adeguare i loro siti ai rilievi emersi in fase di indagine.

Categorie: Distribuzione
Tag: ota
5stelle*:

Questo sito usa i cookie.