Il tuo hotel paga di più su AdWords? Colpa delle OTA!

C’è chi lo chiama mirror marketing. Molti lo conoscono come brandjacking. Ma la sostanza non cambia. In questo articolo andremo alla scoperta dell’ennesima pratica scorretta usata dai grandi portali contro i piccoli hotel. In attesa che qualcuno difenda davvero chi non ha abbastanza potere contrattuale…

Per molti mercati, le inserzioni a pagamento di Google AdWords sono il modello di promozione più conveniente e scalabile per incrementare le vendite dirette. Ma, a differenza di quel che accade in molti altri settori, gli hotel devono fare i conti con un enorme ostacolo. Indovina quale. Esatto. Le OTA, le amiche-nemiche degli albergatori di mezzo mondo. Con la loro immensa disponibilità di budget e personale, i grandi portali possono permettersi di realizzare campagne di mirror marketing – il fenomeno è noto anche come brandjacking.

Cosa sono le campagne di mirror marketing? Semplice. Hai presente quando cerchi su Google il tuo hotel? La maggior parte delle volte, in testa a tutti gli annunci a pagamento ci saranno le inserzioni delle OTA con il nome della tua struttura. In pratica, i portali  stanno sottraendo visite, quindi prenotazioni, al tuo sito Internet e lo stanno facendo anche con il tuo denaro, quello delle commissioni, ovviamente. Paradossale vero?

I danni immediati del mirror marketing per il tuo hotel sono due:

  • Perdita di traffico pregiato per il tuo sito. Le visite generate dalle parole chiave contenenti il nome del tuo hotel sono quelle con i tassi di conversioni migliori, sempre o quasi sempre. Ci hai mai fatto caso? Se un viaggiatore cerca il nome del tuo hotel su Google, vuol dire che già ti conosce. Perché regalare questo utente alle OTA?
  • Aumento dei costi per le campagne su AdWords. La presenza degli annunci a pagamento delle OTA sul nome del tuo hotel fa lievitare il CPC (Costo Per Clic).

È come se qualcuno inserisse il suo numero di telefono al posto del tuo nelle pagine bianche, spiega Stephen Williams di Gresham Hotels and Windward Management.

La presenza soffocante delle OTA frutta ai portali molti più clic, e quindi molte più prenotazioni, rispetto a quelli di qualunque sito di hotel. Agli albergatori questo circolo vizioso costa sempre di più. Siamo sicuri che questo business contorto ti convenga? Non costerebbe meno investire sulle prenotazioni dirette?

A lungo andare, più i viaggiatori si affidano ai portali per prenotare le loro vacanze e più diventa difficile per l’albergatore trovare il budget minimo per poter promuoversi su Internet senza dover dipendere dai portali.

L’impatto sui costi di marketing

I dati in nostro possesso ci dicono che il mirror marketing delle OTA costa agli hotel qualcosa come il 35% in più, solo per comparire fra gli annunci di AdWords con il nome del proprio hotel. Insomma, le OTA, come partner, non sono il massimo della convenienza. D’altra parte, rinunciare a competere con i portali su AdWords sarebbe sbagliato: il rischio concreto è di compromettere ancora di più la visibilità del tuo sito Internet. Quale hotel può permettersi di comparire solo nei risultati non a pagamento di Google? Con tutta probabilità nessuno, anche perché il motore di ricerca, negli ultimi anni, ha concesso sempre più visibilità alle inserzioni di AdWords. Non prevedere nemmeno una campagna a pagamento, almeno per il nome del tuo hotel, significa, con tutta probabilità, uscire dal mercato.

Con la scelta di farci concorrenza sul nome del nostro hotel con gli annunci a pagamento, le OTA hanno compromesso il valore della partnership stretta con il nostro gruppo, ammette Suzie Wotton della catena inglese Red Carnation Hotels.

Tuttavia, se ci fai caso, non tutti gli hotel sono vittime del mirror marketing delle OTA – e non importa se questi hotel siano presenti o meno nei portali. Per esempio, molti di quei clienti che le stesse OTA chiamerebbero “strategici”, tipicamente i grandi marchi dell’industria alberghiera, vietano in modo esplicito le pratiche di mirror marketing ai portali. In che modo? A livello contrattuale, con una postilla. Certo, i grandi gruppi hanno dalla loro una forza contrattuale notevole, proprio quello che manca ai brand minori e agli hotel indipendenti. Un piccolo hotel, quindi, non ha nessuna possibilità di difendersi dalle OTA?

Soluzioni

A ben vedere non tante. Se sei un piccolo hotel e non vuoi rinunciare alla tua indipendenza, devi convincerti che investire almeno una piccola parte del tuo budget in campagne AdWords con il nome della tua struttura è di vitale importanza.

Negoziare con le OTA eventuali clausole che escluderebbero il mirror marketing non è una via praticabile, per il motivo scritto poco fa: nessun portale è disposto a scendere a compromessi con un piccolo hotel.

Se il nome del tuo hotel è registrato, ossia protetto da copyright, puoi sempre presentare un reclamo a Google. L’azienda promette di “esaminare la situazione”. Attenzione, però: se il tuo marchio è registrato solo in Italia, l’eventuale restrizione all’uso avrà effetto solo in questo Paese e non in tutto il mondo. Insomma, le OTA potranno sempre sfruttare il tuo brand nei loro annunci a pagamento in inglese, francese, tedesco, spagnolo eccetera eccetera.

Qualcosa cambierà?

Anche se ufficialmente le OTA si dicono disponibili ad affrontare la questione con tutti i loro clienti, le piccole realtà alberghiere sono sempre in una posizione troppo debole per poter dettare condizioni eque.

Nel Regno Unito, però, qualcosa sembra che si stia muovendo. Lo scorso anno, l’Alta Corte dell’Inghilterra e del Galles ha deliberato in favore di Interflora, che aveva denunciato l’uso del suo marchio registrato in violazione della legge. La sentenza è stata già impugnata e il nuovo esito è atteso per ottobre 2014. Una conferma della decisione di primo grado potrebbe garantire una maggiore tutela legale dei marchi registrati, anche per quelli degli hotel, che avrebbero finalmente un’arma efficace per difendersi dal mirror marketing delle OTA.

Ma a prescindere dall’esito dell’appello, dovrebbero essere per prime le associazioni di settore a mobilitare e coordinare i loro membri e tutti gli albergatori a proposito di questo problema. L’esempio dei grandi gruppi alberghieri dovrebbe insegnare qualcosa: solo se si è in tanti, compatti e decisi, le OTA sono disposte a scendere a compromessi e stabilire con i loro clienti relazioni più eque, di vera cooperazione.

Sembra comunque che le OTA e i metamotori siano già alla ricerca di un rapporto migliore con gli hotel. Sarebbe bello pensare che i grandi portali, almeno quelli più lungimiranti, abbiano già preso in considerazione l’idea di cambiare rotta e di abbandonare ogni pratica di mirror marketing.

Tutto questo non significa negare l’importanza delle OTA nella distribuzione alberghiera, in particolare nelle vendite di camere all’estero per quegli hotel che altrimenti non potrebbero godere di alcuna visibilità sui mercati internazionali.

In un contesto globale sempre più competitivo, con costi di marketing, operativi e di distribuzione ogni giorno più alti, gli albergatori possono davvero permettersi di ignorare ancora il mirror marketing delle OTA? Noi pensiamo di no.

Liberamente tratto da How mirror marketing by online travel agencies dramatically increases PPC costs, di Frank Reeves